#CANAPATRADUEFUOCHI


Pubblichiamo una lettera del nostro associato, Alessio Romani, agronomo, imprenditore e produttore di canapa light.

Fiorin fiorello, stretto tra furbetti e manganello

Sono un agricoltore, produttore di cannabis light, con un piccolo marchio, sono uno di quelli che ha lavorato con le genetiche consentite, partendo dal seme, andando nei campi, eliminando i maschi e selezionando sotto il sole le piante che sapevano di limone piuttosto che quelle dal sapore di bacca (non avendo subito processi di selezione intensi le sementi di canapa presentano fenotipi eterogenei).

Ho coltivato un buon prodotto, che le persone fumano volentieri perché saporito e naturale. È un peccato che molti distributori e negozianti abbiano invece scelto la strada dell’importazione di talee e di infiorescenze dall’estero, principalmente Svizzera. In un settore che si è sviluppato su una zona di grigio si è inserita un’imprenditoria che invece di darsi regole si è approfittata sempre più del non intervento dello stato e che chiama conquiste del settore quelle che sono dinamiche di concorrenza sleale. Semi certificati acquistati e poi sostituiti con genetiche non consentite (sempre a basso contenuto di thc, ma con aromi più intensi) coltivazioni da talee, fumo, vendita di prodotti che con la legge 242 non avevano nulla a che fare.

È vero anche che le genetiche consentite presentano fenotipi eterogenei e difformi anche per le quantità di THC e quindi rappresentano un problema, tuttavia il settore avrebbe potuto innescare meccanismi virtuosi di selezione degli ecotipi locali invece di risolvere i problemi dichiarando il falso.

Queste persone che non hanno seguito le regole adesso si agitano, fanno casino, disperdono tempo e risorse meditabondi e cercano di creare un ente che tuteli il loro diritto a distruggere la parte agricola della filiera, non conoscono le regole dell’agricoltura e dunque credono che dalle nostre varietà non possa essere tirato fuori niente di buono, così giocano sporco e rovinano tutta la bellezza del riscoprire e migliorare una pianta del nostro territorio da tempo dimenticata, trascurata e oggi insultata con l’epiteto “paglione”. Commercianti che non hanno a cuore ne la pianta ne il territorio e non hanno esitato a andare oltre il consentito per ricavi immediati, bruciando un processo che aveva il suo tempo.

La poca chiarezza della sentenza della corte di Cassazione e la retorica populista di alcuni politicanti hanno inoltre indotto alcune procure o uffici delle forze dell’ordine a prendere iniziative anche in mancanza di direttive o decreti da parte del governo, la disinformazione in merito all’argomento è spaventosa, si parla di sequestri di marijuana, associando la canapa industriale alla sostanza stupefacente, le stesse forze dell’ordine ricevono le informazioni dalle testate televisive e giornalistiche.

Le forze dell’ordine durante le loro azioni sequestrano, assieme ai fiori “indagati”, sacchi di terriccio, biscotti, farine, vasi vuoti, cartine, filtri per portare alcuni esempi; tutti prodotti per i quali è stata pagata l’imposta sul valore aggiunto. Abbiamo bisogno di regole, non di repressione, siamo stati accostati a spacciatori, quando al contrario I consumatori di cannabis light spesso si allontanano dalle sostanze stupefacenti e utilizzano la canapa industriale (il canapone dei nostri nonni) come step per mitigare le proprie dipendenze e smettere di fare uso di stupefacenti.

Abbiamo bisogno di informazioni, protocolli, di laboratori a norma di legge, non di demagogia. I nostri clienti sono per lo più persone sopra i trent’anni e spesso utilizzano il prodotto per rilassarsi, per combattere l’ansia oppure per dolori reumatici o infiammazioni, questi sono i nostri clienti, non i ragazzetti fuori dalle scuole. Penso che sia importante portare alla luce questi aspetti della questione per stroncare sul nascere ogni possibile futura strumentalizzazione riguardo a questo tema.

Cannabis sativa L. è una pianta dalle enormi potenzialità, che spaziano dalla capacità di ripulire i terreni dai metalli pesanti sino alla produzione di bioplastiche, intermedi per industrie cosmetiche e farmaceutiche e molto altro; una pianta che se non fosse stretta tra questi due fuochi: i disonesti e la demagogia, potrebbe dar vita a un giro di affari simile a quello di olio e vino, perché la nostra terra e le nostre genetiche sono in grado di sprigionare sapori e eccellenze già note in tutto il mondo.

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